2005 Istituto di Filosofia Arturo Massolo

Universit di Urbino

Isonomia      

AppleMark


 

 

Attributi teologici e attributi spinoziani

 

Giuseppa Saccaro Del Buffa

Universit La Sapienza, Roma

saccaro28@yahoo.it

 

 

APPENDICE

Note

 

 

Abstract

There has always been little agreement among Spinoza scholars on how to interpret the concept of attribute, essential though it is for a full understanding of the metaphysics of being. Through an analysis of Spinozas early works, this paper explains how the issue of attribute progressively took shape and how the philosophers new thinking broke away from the metaphysics of monotheistic theological traditions, which he challenged and even repudiated. Only gradually and through a difficult, tormented process did Spinoza move from an original conception of attributes as individual substances to that of a single substance which expresses itself through infinite attributes. In the same process one can also see an emerging awareness of the relation between the knowledge of being and the language expressing such knowledge. This awareness underpins further linguistic-conceptual refinement, which is fundamental for an understanding of Spinozas masterpiece.

 

 

 

Anche per chi ha letto pi volte linizio dellEtica di Spinoza, lattributo, e luso di questo termine nelle susseguenti pagine, risulta di difficile comprensione. un concetto che ha fatto molto discutere fin dallesordio del pensiero spinoziano, dividendo infine gli interpreti moderni soprattutto su due schieramenti. Da una parte coloro che vi riconoscono solo un significato soggettivo, dipendente dallatto conoscitivo dellintelletto, come indica la definizione IV: Per attributum intelligo id, quod intellectus percipit, tamquam ejusdem essentiam constituens. Sebbene qui lautore non specifichi se alluda allintelletto infinito o finito, sappiamo da altri passi che lintelletto umano, nel concepire Dio-sostanza unica gli attribuisce gli aspetti di cui capace di avere idea, cio secondo Spinoza, il pensiero e lestensione, i due unici aspetti che, per la limitatezza, i condizionamenti, i modi di operare della natura umana, riusciamo a concepire; solo poi per induzione logica e in via subordinata, compiendo un ampliamento concettuale allinfinito dellidea di Dio, che noi ne induciamo infiniti altri aspetti di cui tuttavia non abbiamo conoscenza in alcun altro modo. Dallaltra parte vi sono coloro invece che ammettono che secondo Spinoza nellatto dellintelletto si abbia la percezione degli attributi della sostanza, ovvero la rappresentazione immediata degli aspetti essenziali realmente esistenti nel Dio-sostanza: pi precisamente di due suoi aspetti, pensiero ed estensione.

Accettando il primo caso, si delimita fortemente e si mette in crisi la capacit cognitiva dellintelletto nei confronti della realt metafisica e di tutte le verit che ne dipendono, e pertanto si mette in dubbio la credibilit dellintero sistema spinoziano; al contrario nel secondo caso si pongono le basi di un razionalismo dogmatico i cui principi di conoscenza, basati sulle definizioni evidenti dei concetti, sono ritenuti veri e rendono vere le conoscenze che ne derivano. In definitiva, il problema degli attributi nellEtica decisivo per il problema generale della metafisica dellessere.

Non si tratta di un problema del tutto nuovo nella storia del pensiero occidentale: esso ha radici nel mondo classico, sia nellambito della logica e delle relazioni tra soggetto e predicato, o tra nome e aggettivi, sia, e in modo pi drammatico, nellambito del discorso metafisico-teologico e, in particolare, nellincontro tra la concezione religiosa di Dio dei sistemi monoteistici e la concezione neoplatonica e gnostica dellassoluta trascendenza e inconoscibilit della fonte prima delle cose, fino allopzione del pi rigoroso misticismo.

Per quanto riguarda Spinoza, a mio giudizio, se si vuole considerare la sua filosofia come un sistema teoretico completo e definitivo, e se si prescinde o non si tiene sufficientemente conto delle tappe storiche della sua formazione, il problema degli attributi rimane un enigma nel quadro del pensiero secentesco e non bastano, per comprenderne i significati, i riferimenti alle due sostanze cartesiane, quella pensante e quella estesa. Non solo vi uno sfasamento decisivo e incolmabile tra la concezione cartesiana e quella spinoziana, ma per il filosofo di Amsterdam gli attributi sono un elemento cos essenziale della definizione di Dio, che essi assumono, in tutte le versioni che Spinoza ne d, una funzione determinante per concepire lidea di tale ente infinito. Perci oggi propongo di iniziare il nostro discorso dalla rilettura di alcuni passi giovanili del nostro filosofo, nei quali questo problema comincia a prendere forma, facendo emergere la differenza tra lo scenario filosofico in cui si innesta lattributo spinoziano e il quadro metafisico delle tradizioni teologiche monoteistiche, dove invece stata elaborata la concezione degli attributi teologici che Spinoza criticher e rifiuter[1].

 

***

 

Gi nel 1661, anno in cui inizia lepistolario pervenutoci del filosofo e in particolare la corrispondenza con linglese Henry Oldenburg, Spinoza manda allamico di Londra una serie di enunciati, che io chiamo Abbozzo del 1661, cio 4 definizioni, 4 assiomi, 3 proposizioni e uno scolio finale, dove egli formula per la prima volta una definizione che ritroveremo nel Breve Trattato: Dio lEnte costituito da infiniti attributi, ciascuno dei quali infinito o sommamente perfetto nel suo genere[2]. Come si pu notare dalla lettura stessa della frase, linfinit di cui qui lautore parla non quella di Dio, bens riferita agli attributi: nella prima parte della definizione gli attributi di cui Dio consta sono collettivamente considerati, e sono detti infiniti in senso numerico, nella seconda parte ciascun attributo considerato singolarmente nel proprio genere; pertanto la sua infinit intesa in senso qualitativo, perch connessa appunto a quel suo determinato genere e considerata coincidente con la perfezione somma di quella qualit e dellestensione di quel genere: infatti tale perfezione si estende e abbraccia tutte le infinite possibilit in essa implicite.

La struttura di questa frase dellAbbozzo, basata sul rapporto tra Dio e linfinit degli attributi che costituiscono tale ente, sar mantenuta identica, nel suo senso di infinit numerica, anche nella celebre def. 6 del De Deo[3]. Tuttavia, dal confronto delle due frasi appare subito evidente la differenza tra il modo giovanile di prospettare gli attributi come ciascuno infinito e sommamente perfetto in un suo particolare genere, e lespressione con cui lautore pi tardi nellEtica li denota, sostenendo che ciascuno di essi esprime lessenza eterna ed infinita. Le parole dellEtica sottolineano non una qualit degli attributi, come avveniva nellAbbozzo, bens la loro funzione nel sistema metafisico, funzione che non quella di costituire, bens di esprimere, o con altro verbo tipicamente neoplatonico, di esplicare, quanto unitariamente e globalmente implicito nellessenza unica, alla quale soltanto viene ora riferita linfinit. Questo sfasamento tra le due formulazioni la conseguenza del passaggio che nel periodo di tempo tra le due opere lautore ha compiuto, da una concezione in cui ogni attributo si contraddistingue per il proprio genere e in questo genere si realizza la sua deliminata infinit e perfezione somma, a una concezione dove invece alla radicale diversificazione della natura di ogni attributo subentra lenfasi sullunit e unicit della sostanza infinita, rispetto alla cui essenza tutti gli attributi hanno pari rapporto espressivo e di mediazione. Nella prima espressione prospettata una molteplicit infinita di generi e di perfezioni particolari, che nella loro totalit sono tutte parimenti costitutive dellente unico; nella seconda invece linfinit viene riferita esclusivamente allessenza unica ed eterna del Dio-sostanza. Non si menziona pi la somma perfezione e linfinit delimitate al genere, si parte invece dallunit onnicomprensiva della sostanza unica, la cui esplicazione diversificata negli effetti prodotti avviene attraverso la diversificazione degli attributi.

In diversi passi del Breve Trattato, opera che io ritengo composta nel periodo intermedio tra i due scritti, e allincirca un anno dopo lo scambio di lettere con Oldenburg, affiora in modo evidente ci che tali lettere lasciano gi sospettare e che era il messaggio nuovo sorprendente dellAbbozzo, cio come a quel tempo gli attributi fossero ritenuti dal giovane Spinoza sostanze di un particolare tipo, cio ciascuna delimitata entro il genere espresso dal suo unico attributo, con cui essa si identificava. Tali attributi-sostanze, in quanto sono considerati costitutivi dellente-Dio e formano nella loro globalit un uno-tutto, sono visti come pertinenti alla totalit unica e unitaria, dalla quale non possono distinguersi autonomamente e realmente, concezione sulla quale insistono diversi passi del Breve Trattato. rispetto agli altri attributi che ciascuno di essi invece considerato concettualmente autonomo, tanto che secondo il filosofo ciascun attributo e ciascuna sostanza conosciuto per se stesso, o, come detto gi nellAbbozzo e nelle prime lettere a Oldenburg per se concipitur[4]. Nel BT lautonomia concettuale non solo rende ogni attributo indipendente da qualsiasi altro concetto, ma lo eleva a fondamento della conoscibilit concettuale delle cose che non hanno autonomia n concettuale n esistenziale, che rientrano nellambito del genere di quel determinato attributo-sostanza. Come lautore precisa nel cap. 7 della parte I del BT, gli [] attributi che sono di un essere autosussistente [zelfsbestaande wezen], e [] non hanno bisogno di alcun genere, o di qualcosa per la quale essi siano maggiormente intesi o spiegati [] sono anche conosciuti per se stessi[5] e sono anzi il tramite per la conoscenza delle cose che non sussistono per se stesse, in quanto gli attributi sono appunto il genere sotto il quale rientrano tali cose. Questo linguaggio si richiama evidentemente alla concezione cartesiana, accettata da Spinoza, secondo la quale tutte le cose che conosciamo si dividono in cose pensanti e cose estese, perch nel pensarle riconosciamo la loro pertinenza ai due generi a noi noti, del pensiero e dellestensione.

Inoltre per il giovane filosofo ciascun attributo, in quanto viene concepito nella sua autonomia concettuale rispetto agli altri, si configura come sostanza con una sua autosussistenza e autoesistenza, che dimostrata sia per le sostanze, sia in parte per gli attributi, nelle tre proposizioni dellAbbozzo, nelle corrispondenti 4 proposizioni dellAppendice II del BT, e nelle quattro proposizioni del BT, I, cap. 2. Pi tardi nel De Deo, quando Spinoza avr modificato il suo sistema, lautosussistenza e lautoesistenza saranno pertinenti solo alla causa sui e allunica sostanza ammessa. Nel periodo 1661-62, cio nel periodo di composizione dellAbbozzo e del BT, lautosussistenza e lautoesistenza sono ritenute caratteristiche delle sostanze e perci sul piano ontologico sono anche il fondamento delle infinite cose o modi pertinenti allambito di quella sostanza.

Questa concezione del giovane Spinoza, rispetto al modo monolitico in cui il sistema dellEtica stato tradizionalmente interpretato fino a pochi decenni fa, appare paradossale e contraddittoria nei confronti della teoria spinoziana dellunica sostanza infinita. In realt si tratta di una concezione che in parte si ispira a precedenti neoplatonici, in particolare sia al neoplatonico Proclo del sec. V d.C., che ha avuto larga influenza nel Medioevo, sia al neoplatonismo rinascimentale e alla versione neoplatonica della cabbala ebraica, soprattutto tramite un suo importante rappresentante, Abraham Cohen Herrera, sul quale per ora non possiamo soffermarci. Qui baster osservare che nel rapporto tra Dio, i suoi infiniti attributi costituenti lUno-tutto, ma limitati al genere, le sostanze, che rappresentano il passaggio intermedio dal livello divino al livello degli effetti del tutto limitati di ogni attributo-sostanza, in tale molteplice rapporto dunque sopravvive (sia pure in una struttura molto pi semplificata che quella presente nel neoplatonismo classico) la concezione di vari livelli degli enti, disposti secondo una gerarchia scalare che si costituisce sia per la riduzione dallinfinito divino al finito creaturale, sia per la delimitazione della perfezione dal grado assoluto di Dio a quello sommo, ma circoscritto al genere degli attributi e delle sostanze, fino al livello ancora inferiore degli effetti limitati qualitativamente e causalmente, in proporzione a quanto la loro singola natura consente. Lelaborazione tormentata del pensiero spinoziano, fino a giungere alla definitiva concezione dellEtica, passa dunque, negli anni successivi alle lettere Spinoza-Oldemburg del 1661-62, attraverso il ripensamento e la modificazione della concezione degli attributi, come punto focale di tutto il sistema spinoziano.

Nel periodo di questo passaggio vengono coinvolti, nella riflessione del filosofo e nelle discussioni con Oldenburg e gli amici di Amsterdam, alcuni altri aspetti metafisici. Di questo intenso lavoro intellettuale, tracce evidenti sono nella prima parte del Breve Trattato, dove maturano contemporaneamente, a mio giudizio, tre punti in particolare:

1.     il problema della dimostrazione dellesistenza, nei capp. I e 2 della prima parte;

2.     il problema del rapporto tra attributi e sostanze, nel cap. 2 e nei Dialoghi;

3.     infine il problema della distinzione tra attributi e propriet, in osservazioni poste in importanti note in margine principalmente ai capp. 1, 2 e 7.

Non possiamo trattare qui dei primi due punti. Dir solo in sintesi, per quanto riguarda il primo, che originariamente la dimostrazione dellesistenza di Dio non rientrava nel quadro dellAbbozzo, perch nella successione degli enunciati di questo breve scritto, che iniziava proprio con la definizione di Dio, Dio appariva ancora come quellUno-tutto neoplatonico e cabalistico che trascende sia il livello dellesistenza, sia quello dellessenza, sia la capacit cognitiva dellintelletto e ladeguatezza espressiva del nostro linguaggio: esistenza, essenza, conoscibilit e rappresentabilit discorsiva, appartenevano perci al livello ontologico delle sostanze, un livello inteso come inferiore sia al Dio trascendente, sia ai primi gradi della sua emanazione. Sono state le obiezioni di Oldenburg a sollecitare Spinoza a misurarsi con tale dimostrazione, come in effetti avviene proprio allinizio del Breve Trattato. Fin dalle prime parole qui contenuta infatti la risposta diretta alla prima delle obiezioni di Oldenburg, il quale nellEp. 3 aveva chiesto a Spinoza se davvero fosse convinto di poter dimostrare lesistenza di Dio semplicemente in base alla definizione datane nellAbbozzo[6]. Questo difficile problema trover soluzione circa due anni dopo, quando, dopo aver discusso della dimostrazione dellesistenza delle sostanze, nellintenzione, poi dimostratasi irrealizzabile, di dedurre da esse e dagli attributi la dimostrazione dellesistenza dellEnte che esse costituiscono, Spinoza rinuncer alla posizione primaria che la definizione di Dio aveva nellAbbozzo come def. 1, e sposter tale definizione al quinto e poi al sesto posto, dove si trova tuttora; perci far iniziare lEtica con la definizione della causa sui, che laffermazione perentoria dellesistenza di ci la cui essenza implica lesistenza in quanto la sua natura non pu essere concepita, se non esistente, affermazione che per lautore ora non riguarda pi le infinite sostanze-attributi, ma pertinente allunica sostanza infinita[7].

Per quanto riguarda il secondo punto, il rapporto tra attributi e sostanze verr radicalmente semplificato quando il filosofo rinuncer alla divisione della realt prodotta secondo sostanze caratterizzate ciascuna da un attributo, e limitate nellinfinit e nella perfezione. Allora egli, per convincere lamico De Vries, enuncer nellEp. 9 del 1663 a lui destinata, la distinzione tra il concepire la sostanza con un solo attributo (come la sostanza pensante e la sostanza estesa) – concezione che egli non contesta, ma ritiene possibile solo al livello dei concetti che elaboriamo logicamente, allo stesso modo dei concetti matematici di enti non esistenti – e il concepire la sostanza con infiniti attributi, cio Dio, che realt certa[8]. Nello stesso tempo gradualmente trasformer gli attributi negli infiniti aspetti esplicativi delle infinite possibilit della sostanza unica. In realt la dicotomia tra i due soli attributi a noi noti, pensiero ed estensione, trover giustificazione e spiegazione definitiva solo nella realt a noi pi immediatamente percepibile, cio luomo, nel quadro dei rapporti tra mente e corpo e delle relazioni tra lindividuo il cui pensiero autocoscienza della mente, e la realt extramentale con cui la mente stessa si confronta a ogni attimo dellesistenza: confronto che non avviene direttamente nel contatto fisico tra il corpo e gli innumerevoli altri corpi, bens indirettamente, in quanto la mente immagina e contempla nella propria immaginazione e nella serie delle proprie idee, la rappresentazione del mondo esterno e la catena delle proprie stesse reazioni attive e passive nei confronti di tali rappresentazioni.

Giungiamo dunque al terzo punto che pi ci interessa: come vada emergendo negli scritti del giovane Spinoza la differenza tra attributi e propriet.

 

***

 

ComՏ noto il cap. 1 della prima parte del BT, tratta della dimostrazione dellesistenza di Dio, usando argomentazioni sillogistiche di tipo aristotelico, in parte ispirate a Descartes e comunque dipendenti dalle controversie della teologia monoteistica. Se messe in relazione con la discussione epistolare tra Spinoza e Oldenburg, esse appaiono, come abbiamo gi osservato, piuttosto uno stratagemma per rispondere alla questione posta dallamico nellEp. 3 che abbiamo sopra citato: An clare et indubitanter intelligas ex sola illa definitione, quam de Deo tradis, demonstrari tale Ens existere? Rispetto allAbbozzo e alle opere successive, tali dimostrazioni del BT costituiscono un inserto incongruo con gli altri modi spinoziani di argomentazione e infatti verranno poi abbandonate dallautore[9]. Nel cap. 2 il filosofo, ritenendo di aver gi provato lesistenza di Dio nel capitolo precedente, e giudicando perci di aver soddisfatto alla prima obiezione di Oldenburg, riprende limpostazione espositiva dellAbbozzo, da cui era partito. Incomincia di nuovo con la definizione di Dio in termini molto simili alla def. 1 dello scritto del 1661, enunciando il rapporto Dio-attributi e attributi-sostanze: il problema dellesistenza riappare perci in relazione non a Dio, ma alla questione Che cosa Dio , come indica il titolo del cap. 2, questione che adombra lintenzione dellautore di estendere il suo discorso dal problema dellesistenza a quello della conoscenza della natura ontologica di tale ente e di ci che ne deriva: in altre parole, la conoscenza del sistema attributi-sostanze e le loro modificazioni. Ci mette in luce una nuova consapevolezza da parte del filosofo della relazione tra due piani: da una parte la conoscenza dellessere che viene definito, e dallaltra parte il linguaggio con cui viene definito. Spinoza precisa allinizio del cap. 2: Poich noi sopra abbiamo dimostrato che Dio , cos sar tempo di provare che cosa egli ; e aggiunge ancora: cio, egli , diciamo noi, Un essere di cui tutto, ovvero infiniti attributi sono detti, dei quali attributi ciascuno nel suo genere infinitamente perfetto (M. 8,28-9,2)[10]. Linciso diciamo noi[11] non un semplice rafforzativo retorico per accentrare lattenzione del lettore, ma indica espressamente che quanto egli dir la dichiarazione del suo proprio modo, diverso da quello degli altri, di intendere Dio secondo i concetti di essere, attributi, la loro infinit numerica e linfinit qualitativa di ciascuno nel proprio genere, cio quella perfezione, che nellAbbozzo era indicata come somma perfezione e che qui viene esplicitamente confermata. Nella discussione che segue, questa stessa espressione viene riferita a ogni sostanza (prop. 1), mentre nel cap. 7, della stessa prima parte, viene dichiarato: Quanto agli attributi di cui Dio consta, essi non sono che infinite sostanze, delle quali ciascuna deve essere infinitamente perfetta[12].

certamente solo dopo aver scritto il cap. 2 ed esplicitamente citandolo, che Spinoza ritorna a riflettere su quanto ha detto nel precedente cap. 1, e perci aggiunge una seconda nota a tale capitolo[13], che infatti esordisce in tal modo: Dalla definizione qui appresso cap. 2, secondo la quale Dio ha infiniti attributi [eygenschappen], possiamo dimostrare la sua essenza [wezentheyd] cos: Tutto ci che vediamo chiaramente e distintamente appartenere alla Natura di una cosa possiamo anche con verit affermare di quella cosa. Ma alla natura di un essere [wezen] che ha infiniti attributi [eygenschappen] appartiene un attributo [eygenschap] che lesistere [zyn][14]. Risulta evidente qui che Spinoza, essendo stato indotto nel cap. 1 a ricorrere, per dimostrare lesistenza di Dio, a una argomentazione teologica di impronta scolastica, si avvale di un significato teologico del termine attributo ben diverso da quello contenuto nelle sue definizioni di Dio, che abbiamo prima citate, che sono tipiche della concezione del nostro autore e che riaffiora chiaramente nella seconda nota aggiunta che ora abbiamo citato, in quanto essa si rif alla diversa impostazione del successivo cap. 2. Questa situazione ci permette di constatare come ben presto nel BT il termine eygenschap si riveli ambiguo. Il suo carattere polisemico, carattere che del resto contraddistingue altri termini del BT, come wezen-essere, consente a Spinoza di giocare sul suo duplice aspetto, cio come attributo teologico tradizionale, e come attributo-sostanza spinoziano. Ma ci finisce per creare, oltre che il disorientamento degli amici suoi contemporanei, e di chi oggi lo legge, un imbarazzo crescente nellautore stesso, che rischia di compromettere la certezza cognitiva delle idee coinvolte nella polivalenza terminologica, e che richieder, come ora vedremo, uno sforzo di distinzione chiarificatrice.

Nel seguito del cap. 1 quando, dopo la dimostrazione a priori dellesistenza di Dio, lautore espone quella a posteriori, egli riprende di nuovo unargomentazione cartesiana, e dichiara che se luomo ha unidea di Dio, Dio deve esistere formalmente, perch, come il filosofo argomenta, la causa di tale idea obiettiva, cio concepita nella mente delluomo, deve esistere formalmente, vale a dire deve esistere nella realt a cui lidea si riferisce, e deve contenere in s tutto ci che lidea stessa contiene [][15]. Constatato, sempre sul filo del ragionamento cartesiano, che luomo in effetti ha lidea di Dio, ne deduce che dunque Dio, in quanto causa di tale idea, deve esistere. Tuttavia questa argomentazione spinge ancora Spinoza, probabilmente in momenti  successivi, a fornire una ulteriore dimostrazione.

Infatti, nella nota 3 dello stesso cap. 1, egli riprende la questione delle finzioni[16]. Ora procede con la tecnica dimostrativa della riduzione allassurdo, tecnica che svilupper in modo assolutamente preciso e raffinato negli anni successivi. Per quanto qui ci interessa, ne possiamo seguire landamento nello Schema 3 in Appendice, dove sono messe in evidenza le tre tesi che lautore enuncia allinizio della nota 3, le cinque argomentazioni dimostrative che poi svolge nella nota stessa, nella sottonota 3 e nellaggiunta 3, alternando la posizione di una tesi, la sua confutazione e le conclusioni[17]. Nella prima argomentazione egli inizia proponendo lipotesi opposta a quella che intende dimostrare, cio ammette provvisoriamente che non Dio, ma la finzione delluomo [die verzieringe van de mensch] sia la sola causa della sua idea di Dio. Quindi confuta questa ipotesi paradossale perch, come egli commenta, se riconoscessimo che tale idea di Dio sia causata dalla finzione, saremmo obbligati ad ammettere che anche tutte le altre idee siano ugualmente delle finzioni, bench tra loro diverse, e bench, come aggiunge nella seconda argomentazione posta nella sottonota 3[18], alcune rappresentino esseri impossibili, altre invece un essere [wezen] necessario. Il filosofo inizia cos una discussione sui diversi tipi delle nostre idee che era gi implicita in una delle domande di Oldenburg, quando questi gli aveva chiesto cosa fosse per Spinoza lerrore, problema che sar ampiamente e magistralmente sviluppato nel Tractatus de Intellectus emendatione e nelle Cogitationes metaphysicae.

In questo ambito del capitolo iniziale del BT che stiamo commentando, lulteriore riflessione sulle idee conduce a una pi approfondita considerazione del concetto di attributo. Infatti laggiunta 3 formata dalla quarta e dalla quinta argomentazione: in particolare nella quarta Spinoza ritorna sullidea degli infiniti attributi [eygenschappen] appartenenti allessere assoluto, Dio. Egli osserva come noi abbiamo idea solo di due di essi, pensiero ed estensione, che non possono da soli soddisfare la nostra concezione di un essere infinito, ma troviamo in noi un certo qualcosa che per noi testimonianza di infiniti perfetti attributi [eygenschappen], che sono propri [eigen] di questessere [wezen] perfetto, affinch possa dirsi perfetto. Appare cos per la prima volta nel lessico del giovane filosofo la differenza tra il concetto di attributo in senso spinoziano [eygenschap] e quello di proprio [eigen] che non indica ancora il concetto di propriet, come si consolider nellAppendice alla prima parte Etica, ma designa una stretta appartenenza di tale proprio-propriet al soggetto in cui lo riconosciamo[19]. Tale appartenenza per acquista un significato diverso dal rapporto implicito nellattributo spinoziano rispetto alla sostanza. Nello stesso tempo va precisandosi nel lessico spinoziano unaltra differenza: quella tra i verbi che implicano il concetto di una referenza ontologica tra attributi-sostanze, e tra queste e i rispettivi modi che ne dipendono, dando perci valore cognitivo reale al concetto espresso da tale referenza, e i verbi che esprimono un rapporto referenziale limitato solo al livello del linguaggio, il quale rapporto consiste perci in una mera denominazione estrinseca: questi secondi verbi, come dice Spinoza, non ci fanno conoscere quello che la cosa [20].

Un ulteriore indizio del chiarimento che sta prendendo forma nel pensiero spinoziano a proposito degli attributi, si trova nellultima nota del cap. 1, capitolo di cui possiamo ormai valutare quanto e perch sia cos tormentato da aggiunte, inserimenti, chiarificazioni. Qui lautore riflette ancora una volta su quanto ha affermato nel testo principale, cio: Che luomo abbia lidea di Dio chiaro, poich egli intende i suoi attributi [eygenschappen] che non possono essere stati da lui prodotti []. Al termine eygenschappen del testo principale fa seguito un asterisco di richiamo alla nota 4, dove lautore, ripetuto il termine, osserva: I suoi attributi [eygenschappen]: meglio questo: poich egli intende ci che proprio [eigen] di Dio, perch queste cose non sono attributi [eygenschappen] di Dio. Dio certamente non Dio senza di esse, ma non lo per mezzo di esse, poich non danno a conoscere nulla di sostanziale [niet zelfstandigs], ma sono solo come adjectiva che richiedono substantiva per essere intesi (M 7,47-51). Le ultime parole, che sembrano a prima vista oscure, servono in realt a ribadire che questi propri-eigen non indicano quegli attributi che Spinoza in questo stesso periodo identifica con le sostanze, anzi non indicano, secondo le sue espressioni, nulla di sostanziale nel senso del sistema spinoziano. Hanno invece una funzione solo linguistica, che si spiega sul piano grammaticale: sono, precisa il filosofo ribadendo la differenza tra livello ontologico e livello del nostro discorso, espressioni aggettivali che qualificano un qualche soggetto grammaticale, e il cui significato si comprende solo riconoscendo in essi la relazione con il sostantivo con cui sono connessi.

Questa concezione dei propri distinti dagli attributi diventa il punto di partenza del cap. 3, che non segue subito, ma preceduto dai due Dialoghi, i quali appaiono un altro inserto alquanto incongruo rispetto alla linea generale e pi coerente dellargomentazione complessiva della prima parte del BT. Spinoza (o chi ha curato lassemblaggio dei passi del BT) sembra rendersi conto del distacco che tali Dialoghi formano tra il cap. 2 e quanto ora si appresta a trattare nel cap. 3. Egli esordisce con una breve dichiarazione: Ora inizieremo a trattare degli attributi [eygenschappen] che abbiamo chiamati propri [eigen] [] (M. 25,12-13); dichiarazione che richiama la fine del cap. 2 e lultima sua nota da noi commentata, per passare per immediatamente al tema che qui preme allautore, dei tre propri riferibili a Dio: il primo proprio, con cui Dio nel rapporto con le cose inteso come causa di tutto (cap. 3), e in relazione ai suoi effetti necessari (cap. 4); il secondo proprio, dal punto di vista della provvidenza (cap. 5); e il terzo proprio, nella prospettiva della predestinazione (cap. 6). Nella nota apposta allinizio del cap. 4 al termine eigen[21], il filosofo ripete in parte la nota 4 del cap. 1, test commentata, per ribadire la sua interpretazione grammaticale di tali propri come aggettivi che non possono essere intesi senza il rapporto con i loro sostantivi.

Ma nel successivo cap. 7 della prima parte del BT che si conclude levoluzione di tale problema. In questo passo si pu constatare di nuovo una differenza terminologica tra il testo principale e la nota anche qui apposta alla parola polisemica che stiamo discutendo. Nel testo lautore ripete per la seconda volta, e con unespressione molto simile a quella usata allinizio del cap. 3, lannuncio che Ora inizieremo a parlare degli attributi [eygenschappen] che generalmente sono riferiti a Dio, e tuttavia non gli appartengono, come anche di quelli attraverso cui si tenta di far conoscere Dio; e insieme delle leggi della vera definizione (M 182,23-27).

Nel seguito infatti discute prima le definizioni che i filosofi danno di Dio, e che consistono nei tradizionali attributi teologici: un essere sussistente per se stesso, causa di tutte le cose, onnisciente, onnipotente, eterno, semplice, infinito, sommo bene, di infinita misericordia, ecc.. Quindi obietta che non constatiamo in queste espressioni degli attributa o attributi [eygenschappen] per mezzo dei quali la cosa (Dio) sia conosciuta per ci che , ma solo dei propria o propri [eigenen] che appartengono bens alla cosa, ma non spiegano ci che la cosa . Soggiunge inoltre che sebbene siano propri solo a Dio, non possiamo conoscere, attraverso le propriet [eygenheeden] ci che questo essere [wesen], al quale queste propriet [eygenheeden] appartengono, e quali attributi [eygenschappen] ha (M 32,27-35). Con il ricorso ai termini latini si ormai chiarita la contrapposizione tra attributa-eygenschappen e propria-eygenheeden. I propria pi tardi saranno meglio identificati come proprietates.

Nella nota aggiunta allinizio del cap. 7, Spinoza insiste su questa problematica. Anzitutto ricorda laltra autentica concezione degli attributi di Dio [eygenschappen] gi altrove indicata, cio che essi non sono altro che infinite sostanze, ciascuna delle quali deve essere infinitamente perfetta, come il pensiero e lestensione. Precisa inoltre che a differenza di questi attributi, altre cose generalmente sono ascritte [toegeschreven] a Dio, (che) non sono attributi, ma solo alcuni modi [wyzen] che gli possono essere conferiti [toegeint] o in riferimento al tutto [alles], cio a tutti i suoi attributi, o in riferimento a un solo attributo. Mentre per gli attributi, singolarmente o globalmente menzionati, lautore ormai usa sempre la medesima parola eygenschappen, per le altre cose ascrivibili ricorre non pi al termine eigen, bens alla parola modi (wyzen), che dalla esemplificazione che segue risultano essere gli stessi menzionati nel testo. Lunica variante, che comunque indica un altro ulteriore approfondimento del problema, losservazione, presente pi in l anche nel testo (M 32,36-41-32,1-3) che questi modi sono conferibili a Dio sotto tre aspetti: o come tutto (alles), cio uno, eterno, esistente per se stesso, infinito, causa di tutto immutabile; o in riferimento al solo pensiero; come onnisciente, sapiente, ecc.; o ancora in riferimento allestensione, come che ovunque, riempie tutto, ecc. (M 31,31-42).

Questa ripetuta classificazione degli attributi, dei propri e dei modi, permette a Spinoza di polemizzare contro la dottrina aristotelica della definizione mediante le categorie del genere e della differenza e di chiarire la diversa funzione che, in una nuova vera logica come egli vuol proporre, gli attributi-sostanze e i modi svolgono per giungere a definizioni metodologicamente aderenti alla struttura metafisica spinoziana. Si visto come le quattro definizioni dellAbbozzo del 1661, prendessero in considerazione Dio, il rapporto tra attributi, le sostanze e i modi: ora evidente che nelle intenzioni del filosofo la nuova vera logica doveva essere il fondamento dellordine e dei soggetti definiti nella breve operina inviata a Oldenburg: cio determinava larticolazione dei termini da definire secondo il rapporto di dipendenza ontologica dei livelli della realt.

Anzitutto nellAbbozzo Spinoza definisce Dio non direttamente, bens ricorrendo allidea della totalit dei suoi attributi costitutivi, che sono intesi non come risultato dei nostri atti attributivi, ma come aspetti della realt che lintelletto intende. Con ci egli elude i problemi tradizionali che sorgono ogni qualvolta che si discuta della essenza e della esistenza di Dio, che creavano insuperabili difficolt per le dottrine teologiche. Dio si configura allora come lorizzonte infinito comprensivo di tutte le possibili forme di essere. Quindi definisce i rapporti tra gli attributi in relazione allessenza delimitata di ciascuno di essi secondo il genere di ogni attributo: tale definizione rivela anche come dalla unit totale emerga una unit-molteplice, che rappresenta il primo grado di rapporto tra linfinito totale e il finito particolare. Su questa linea, tipicamente neoplatonica, di graduali passaggi verso gli effetti della produttivit divina, seguono la definizione della sostanza, come momento di distinzione e autonomia rispetto al livello produttivo divino, e quello dei modi, che rappresentano la determinazione completa delle possibilit di ogni sostanza in relazione allessenza del suo attributo e in connessione con la totalit.

In conclusione, lo sviluppo della discussione sulla differenza tra attributi spinoziani e attributi teologici, ha contribuito anche a chiarire sia la struttura dei vari livelli della metafisica del giovane Spinoza, sia la metodologia della nuova logica e delle sue definizioni, sia infine la strada che lautore sta gi seguendo per discriminare, entro il flusso della nostra esperienza fisica e mentale, i diversi tipi di idee, lordine delle loro connessioni, la direzione ascendente o discendente verso cui avviare la ricostruzione del sistema ontologico.

 

 

 

 

 

 

APPENDICE

 

Schema comparativo 1.1

DallAbbozzo allEthica 77, I, De Deo. Definizioni

Abbozzo 1661

EP. 4

KV, APP. I

Ethica 77, I, De Deo

DEFINITIONES

D1. [Deum]... esse Ens, con-stans  infinitis at-tributis, quorum unumquodque est infinitum, sive summe perfe-ctum in suo genere.

 

 

D6. Per Deum intelligo ens absolute infinitum, hoc est, substantiam constantem infinitis attributis, quorum unumquodque aeternam, & infinitam essentiam exprimit.

 

D2.......................Corpus non ter-minari Cogitatio-ne nec Cogitatio-nem  Corpore                                       

 

 

 

D2. Ea res dicitur in suo genere finita, quae alia ejusdem naturae terminari potest. Ex.gr. corpus dicitur finitum, quia aliud semper majus concipimus. Sic cogitatio alia cogitatione termi-natur. At corpus non terminatur cogitatione, nec cogitatio cor-pore.

D3. Per substan-tiam intelligam id, quod per se, & in se concipi-tur, hoc est, cujus conceptus non involvit conce-ptum alterius rei.

 

 

D3. Per substantiam intelligo id, quod in se est, & per se con-cipitur: hoc est id, cujus con-ceptus non indiget conceptu alte-rius rei, a quo formari debet.

D4. Per modifi-cationem autem sive per Acci-dens [intelligam] id, quod in alio est, & per id, in quo est, conci-pitur.

 

 

D5. Per modum intelligo sub-stantiae affectiones, sive id, quod in alio est, per quod etiam concipitur.

 

 

 

 

 

Schema comparativo 1.2

DallAbbozzo allEthica 77, I, De Deo. Assiomi e proposizioni

 

Abbozzo 1661

EP. 4

KV, APP. I

Ethica 77, I, De Deo

 

 

AXIOMATA

PROPOSITIONES

 

 

Ax1. Quod sub-stantia sit prior suis  accidentibus.

 

 

Nam haec sine illa nec existe-re, nec concipi  possunt.

Ax1. De zelfstandi-gheid staat wegens syn natuur voor alle syne toevallen (mo-dificationes)

P1. Substantia prior est suis affectionibus

Dem. Patet ex D. 3 & 5.

 

 

Ax2. Quod, prae-ter Substantias  & Accidentia nihil detur realiter, sive extra Intellectum.

Nam quicquid datur, vel per se, vel per aliud concipi-tur, & ipsius conceptus vel involvit conce-ptum alterius rei, vel non involvit.

 

Ax 2. De dingen welke verscheiden zyn, worden onder-scheiden, of dadelyk of toevalligh.

 

Ax3. De dingen welke dadelyk on-derscheiden worden, hebben of verscheide eigenschappen, gelyk als denking en uyt-gebreydheid, of wor-den toegepast aan verscheide eigen-schappen, als, versta-ning en beweeging, welkers eene behoort tot de denking, en het ander tot de uytge-breidheit.

Ax1. Omnia quae sunt, vel in se, vel in alio sunt.

 

Ax2. Id, quod per aliud non potest concipi, per se concipi debet.

P4. Duae, aut plures res distinctae, vel inter se di-stinguuntur ex diversitate attributorum substan-tiarum, vel ex diversitate earun-dem affectionum.

Dem. Omnia, quae sunt, vel in se, vel in alio sunt (per Ax1), hoc est (per D3 et 5) extra intellectum nihil datur praeter substantias, earumque affectio-nes. Nihil ergo extra intellectum datur, per quod plures res distingui inter se possunt, praeter substantias, sive quod idem est (per D4) earum attributa, earumque affectiones.

 

Ax3. Quod res, quae diversa ha-bent attributa, ni-hil habent inter se commune.

 

Per attributum enim explicui id, cujus con-ceptus non in-volvit conce-ptum alterius rei.

Ax4. De dingen welke verscheide eigenschap-pen hebben; als mede de dingen welke be-hooren tot verscheide eigenschappen, en he-ben in zich geen dink de eene van de ander.

P2. Quae substantiae, diversa attributa habentes, nihil inter se commune habent.

Dem. Patet etiam ex D3. Una-quaeque enim in se debet esse, & per se debet concipi, sive conceptus unius conceptum alte-rius non involvit.

 

 

Ax4. Quod re-rum, quae nihil commune habent inter se, una alte-rius causa esse non  potest.

Nam cum ni-hil sit in effectu commune cum causa, totum, quod haberet, haberet a nihilo.

Ax5. Dat geene twelk in zich niet heeft iets van een ander dink, en kan ook geen oorzaak zyn van de wezen-tlykheit, van zulk een ander dink.

P5. Quae res nihil commune inter se habent, earum una alterius causa esse non potest.

Dem. Si nihil commune cum se invicem habent, ergo (per Axi-oma 5) nec per se invicem pos-sunt intellegi, adeoque (per Axi-oma 4) una alterius causa esse non potest.

 

 

 

 

 

Schema comparativo 1.3

dallAbbozzo allEthica 77, I, De Deo. Proposizioni

Abbozzo 1661

EP. 4

KV, APP. I

Ethica 77, I, De Deo

PROPOSITIONES

P1. In rerum na-tura non possunt existere duae sub-stantiae, quin tota essentia differant.

 

P1. Geen zelfstandi-gheid wezentlyk zyn-de, en kan toegepast worden een en de zelve eigenschap, welke toegepast word aan een ander zelfstandigheid, of (het welk het zelvde is) in de Natuur en konnen geen twee zelfstand-igheeden zyn tenzy zy dadelyk   onder-scheiden werden.

[Dem.] De zelf-standigheden twee zynde, zyn ver-scheiden; en dien-volgende (ax2) wor-den onderscheiden, of dadelyk of toe-vallig; niet toevallig, want (ax7) dan  waren te toevallen, door haar natuur eer als de zelfstandi-gheid, tegens de 1 axioma, ergo dade-lyk, en volgens dien (ax. 4) en kan van deene niet gezeid worden, dat van de ander gezeid word,  zynde dat geene wy trachten te bewyzen.

P5. In rerum natura non possunt dari duae, aut plures substantiae ejusdem naturae, sive attributi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dem. Si darentur plures distinctae, deberent inter se distingui vel ex diversitate attributorum, vel ex diversitate affectionum (per P. praec.). Si tantum ex diversitate attributorum, concederetur ergo, non dari, nisi unam ejusdem attributi. At si ex diversitate af-fectionum, cum substantia sit prior natura suis affectionibus (per P. I) depositis ergo affectionibus, et in se considerata, hoc est (per D. 3 et Ax.6) vere considerata, non poterit concipi ab alia distingui, hoc est (per P. praeced.) non poterunt dari plures, sed tantum una. Q.E.D.

 

 

 

 

 

 

Schema comparativo 1.4

DallAbbozzo allEthica 77, I, De Deo. Proposizioni

Abbozzo 1661

EP. 4

KV, APP. I

Ethica 77, I, De Deo

PROPOSITIONES

P2. Substantiam non posse produ-ci (neque) ab alia (quacunque) sub-stantia; sed quod sit de ipsius es-sentia existere

 

P2. De eene zelfstand-igheid en kan geen oor-zaak zyn van de we-zentlykheid van een ander zelfstandigheid.

[Dem] Soodenigen oorzaak en kan  in zig niet hebben iets van zulk een uytwerking (Prop. 1), want het verschil tusschen hun is dadelyk en gevol-glyk, (ax.5) zo en kan zy  die (wezentlykeid) niet voortbrengen.

 

 

 

 

 

 

P4. Aan alle wezen van zelfstandigheid  be-hoord van natuur         de wezentlykeid ook zo zeer dat het on-mogelyk is in eenig oneyndig vestand te konnen stellen de Idea van het wezen eenens zelfstandigheid,de wel-ke niet en zy wezentlyk in de Natuur. [per la dim. cfr. Schema 21]

P6. Una substantia non potest produci ab alia substantia

Dem. In rerum natura non pos-sunt dari duae substantiae ejusdem attributi (per P. praec.); hoc est (per P.2), quae aliquid inter se commune habent. Adeo-que (per P3), una alterius causa esse nequit, sive ab alia non posse produci. Q.E.D.

 

Cor. Hinc sequitur substantiam ab  alio produci non posse. Nam in rerum natura nihil datur prae-ter Substantias, earumque affe-ctiones,  ut patet ex Ax1 & D3 et 5. Atqui a substantia non potest (per praec.P). Ergo substantia absolute ab alio produci non potest.

 

P7. Ad naturam substantiae  pertinet existere.

Dem. Substantia non potest pro-duci ab alio (Per Cor.P. praec.); erit itaque causa sui, id est (per D1) ipsius essentia involvit nece-ssario existentiam, sive ad ejus naturam pertinet existere.Q.E.D.

 

 

 

 

 

 

Schema comparativo 1.5

DallAbbozzo allEthica 77, I, De Deo. Proposizioni

Abbozzo 1661

EP. 4

KV, APP. I

Ethica 77, I, De Deo

PROPOSITIONES

3

 

P3. Alle eigenschappen of zelfstandigheid is door haar natuur oneyndig, en ten oppersten volmaakt in zyn geslacht.

[Dem.] Geen zelfstandig-heid is veroorzaakt van een ander en by gevolg zo ze wezentlyk is, zo isse of een eigenschap van God of ze heeft buyten God geweest een oorzaak van zig zelfs. Indien het 1e. zo isse noodzaakelyk oneyndig en ten hoogsten volmaakt in syn geslagt, hoedaanig zyn alle andere eigenschappen Gods. Indien (Prop.2) het 2e. zoo isse noodzakelyk ook zodanig; want (ax6) zig zelfs en zoude ze niet konnen bepaald gehad hebbe.                                                                         

P8. Omnis substantia est necessario infinita.

 

 

 

Dem. Substantia unius attributi non, nisi unica, existit (per P5) & ad ipsius naturam pertinet existere (per P7). Erit ergo de ipsius natura, vel finita, vel infinita existere. At non finita. Nam (per D2) debe-ret terminari ab alia ejus-dem naturae, quae etiam necessario deberet existere (per P7); adeoque darentur duae substantiae ejusdem attributi, quod est absur-dum (per P5). Existit ergo infinita.Q.E.D.

 

 

 

 

 

 

 

Schema comparativo 1.6

DallAbbozzo allEthica 77, I, De Deo. Scolio

Abbozzo 1661

EP. 4

KV, APP. I

Ethica 77, I, De Deo

 

SCHOLIUM

 

P4  COROLLARIUM

P8

SCHOLIUM 2

(...non ex definitione cujuscunque rei se-quitur existentia rei definitae: sed tan-tummodo... sequitur ex definitione, sive idea alicujus attri-buti, id est... rei, quae per se, & in se concipitur. Rationem enim hujus differen-tiae etiam in memo-rato Scholio satis, ni fallor, proposui, praecipue Philoso-pho. Supponitur en-im non ignorare differentiam, quae est inter fictionem, & inter clarum, & di-stinctum conce-ptum; neque etiam veritatis hujus Axio-matis, scilicet, quod omnis definitio, sive clara, & distincta idea sit vera).

 

 

De Natuur word ge-kent door zig zelfs, en niet door eenig ander dink. Zy bestaat van oneyn-dige eigenschappen, een ieder van de zelve oneyndig, en volmaakt in zyn ge-slacht: aan welkers wezen de wezen-tlykheid toebehoort, alzo dat buyten de zelve geen wezen of zyn meer en is, en zy alzo naaupuntig over een komt met het wezen van de alleen heerlyke en geze-gende God.

... Si autem homines ad naturam  substantiae attenderent, minime de veritate 7. Prop. dubitarent; imo haec Propositio omnibus axioma esset, & inter notiones communes numera-rentur. Nam per substantiam intel-ligerent id, quod in se est, & per se concipitur, hoc est id, cujus cognitio non indiget cognitione alterius rei. Per modificationes autem id, quod in alio est, & quarum conceptus a con-ceptu rei, in qua sunt, formatur: quocirca modificationum non exi-stentium veras ideas possumus habe-re; quandoquidem, quamvis non existant actu extra intellectum, ea-rum tamen essentia ita in alio com-prehenditur, ut per idem concipi possint. Verum substantiarum veritas extra intellectum non est, nisi in se ipsis, quia per se concipiuntur. Si quis ergo diceret, se claram, & di-stinctam, hoc est veram ideam sub-stantiae habere, & nihilominus dubi-tare, num talis substantia existat, idem hercle esset, ac si diceret, se veram habere ideam, & nihilominus dubitare, num falsa sit (ut satis at-tendenti fit manifestum); vel si quis statuat, substantiam creari, simul sta-tuit, ideam falsam factam esse ve-ram, quo sane nihil absurdius concipi potest; adeoque fatendum necessario est, substantiae existentiam, sicut ejus essentiam, aeternam esse veri-tatem.

 

 

 

 

 

Schema comparativo 2

Stratificazione degli enunciati more geometrico

Abboz-zo sett. 1661

EP 4

ott. 1661

A  KV,

    APP I

Fi fine

1  1661-

    1  1662

KV,

 I

Cap. 2

    E provv. 1

seconda met 1662

    E

provv. 2

fine 1662

    E63

provv. 3

prima-vera 1663

E63

provv.

4

met 1663

    E77

   OP

  1677

DEFINITIONES

D. 1

(Dio)

 

 

(D. di Dio)

D. 1

(Dio)

D. 1

(causa sui)

D. 1

(causa sui)

Idem

Idem

(causa sui)

D. 2

(infini-tum in suo genere)

 

 

 

Idem ?

D. 2

(res finitae in suo genere ?)

Idem

Idem

D. 2

(res finitae in suo genere)

D.3 (so-stanza)

 

 

 

D. 3

Idem

D. 3

(sostanza e  attributo)

D. 3

Idem

D. 3

(sostanza)

D. 3

(sostanza)

 

 

 

 

 

 

 

D. 4

(attributo)

D. 4

(attributo)

D. 4

(modi)

 

 

 

 

D. 4

Idem

D. 4

Idem

D. 4

Idem*

D. 5

(modi)

D. 5

(modi)

 

 

 

 

 

D. 5

(Dio)

D. 5

(Dio)

D. 6

(Dio) Explicatio

D. 6

(Dio) Explicatio

AXIOMATA

 

 

 

 

Ax. 1 ?

Ax. 1

Ax. 1

Ax. 1

Ax.1

 

 

 

 

Ax. 2 ?

Ax. 2

Ax. 2

Ax. 2

Ax. 2

 

 

 

 

Ax. 3 ?

Ax. 3

Ax. 3

Ax. 3

Ax. 3

 

 

 

 

Ax. 4 ?

Ax. 4

Ax. 4

Ax. 4

Ax. 4

 

 

 

 

Ax. 5 ?

Ax. 5

Ax. 5

Ax. 5

Ax. 5

Ax. 1

dim.

Ax. 1

   -----

P. 1 dim.

P. 1 dim

P. 1 dim

P. 1 dim.

P. 1 dim.

Ax. 2

dim.

Ax. 1

   -----

P. 3 dim.

P. 3 dim

P. 3 dim

P. 3 dim.

P. 3 dim.

 

 

Ax. 3

   -----

 

 

 

 

 

Ax. 3

dim.

Ax. 5

 

P. 2 dm.

P. 2 dim

P. 2 dim

P. 2 dim.

P. 2 dim.

Ax. 4

dim.

Ax. 5

 

P. 4 dim.

P. 4 dim

P. 4 dim

P. 4 dim.

P. 4 dim.

PROPOSITIONES

P. 1

--dim

P. 1 dim

P. 2 dim.

P. 5 dim

P. 5 dim

P. 5 dim

P. 5 dim

P. 5 dim

P. 2

--dim

P. 2 dim

P. 3 dim.

P. 6 dim

P. 6 dim

P. 6 dim

P. 6 dim

P. 6 dim

 

 

 

 

 

 

 

Corol

Corol

 

 

P. 4 dim

P. 4 dim

P. 7 dim

P. 7 dim

P. 7 dim

P. 7 dim

P. 7 dim

P. 3

--dim

P. 3 dim

P. 1 dim

P. 8 dim

P. 8 dim

P. 8 dim

P. 8 dim

P. 8 dim

 

 

 

 

Scol. 1 ?

Scol. 1

Scol. 1

Scol. 1

Scol. 1

Scolio

dim.

Corol.

   -----

Scol. 2 ?

Scol. 2

Scol. 2

Scol. 2

Scol. 2

 

 

 

 

 

 

P. 9 dim

P. 9 dim

P. 9 dim

 

 

 

 

 

 

P. 10 dim

P. 10 dim

P. 10 dim

 

 

 

 

 

Scol. 3

Scol.

Scol.

Scol.

 

 

 

 

 

Schema comparativo 3

KV, I, cap. 1, nota 3, sottonota 3, aggiunta 3. Le idee.

La struttura delle argomentazioni

 

TESTO PRINCIPALE

 

Tre tesi 

Causa dellidea (di Dio) delluomo non la sua finzione

Dire che tale idea una finzione, anche questo falso

impossibile averla se non cՏ (rinvio a dim. P. 2)

 

NOTA 3

 

I Argomen-tazione

Posizione tesi 1

ben vero che da unidea vengono finti

 

Confutazione

Ma impossibile far ci senza aver prima.

 

Posizione tesi  2

Questa idea una finzione

 

Confutazione

Dovrebbero allora tutte le * altre idee essere finzioni

 

Domanda

Da dove viene la differenza?Infatti vediamo. Constatiamo

 

SOTTONOTA 3

 

II Argomen-tazione

Posizione di tesi

Altre idee ben possibile ; o sono o non sonoIl loro essere sempre necessario.

 

Conseguenza

Cosicch.esse non di meno sono e sarebbero, anche se n io n alcun uomo avesse mai pensato

 

1conclusione

Esse non sono finte da me

 

2conclusione

Devono anche avere fuori di me un subjectum

 

III Argomen-tazione

Posizione di tesi

una terza idea che invece un unico un essere necessario.. essere e essenza entrambi necessari

 

Negazione di tesi opposta

E non che pu essere, perch il suo essere era ben necessario, ma non la sua essenza

 

1 conclusione

Da me non dipende alcuna verit, essere o essenza Poichsecondo tipo di idee  senza di me sono ci che sono

 

2 conclusione

pure questa terza unica idea non dipende da me.. egli soltanto deve essere il subjectum  di tutte le cose 

 

AGGIUNTA 3

 

IV Argomen-razione

Posizione di tesi

Lidea di infiniti attributi allessere perfetto non una finzione

1 negazione

non abbiamo potuto trovare pi di due attributi

 

2 negazione

questi non ci danno nulla di soddisfacente

 

Affermazione

Invece troviamo in noi un certo qualcosa che ci riferisce infiniti perfetti attributi propri di questessere perfetto

 

V Argomen-tazione

Domanda

Donde questa idea di perfezione ?

 

1 negazione

Non da questi due attributiperch non fanno un infinito

 

2 negazione

Non da me

 

Affermazione

dagli stessi infiniti attributi

 

 

 

 

 

 

 

Note

 



[1] Per il quadro generale dello sviluppo del pensiero spinoziano dal 1661 in poi, e per una trattazione pi specifica dei temi che qui affronteremo, mi permetto di rinviare al mio volume recente Alle origini del panteismo. Genesi dellEthica di Spinoza e delle sue forme di argomentazione, Francoangeli, Milano, 2004.

[2] Ep 2, G, IV, 7-9: Ens, constans  infinitis attributis, quorum unumquodque est infinitum, sive summe perfectum in suo genere.

[3] E, I, def. 6: Per Deum intelligo ens absolute infinitum, hoc est, substantiam constantem infinitis attributis, quorum unumquodque aeternam, & infinitam essentiam exprimit.

[4] Cfr., in Appendice, la def. 3 dellAbbozzo del 1661.

[5] M 34,3-9: [] de eigenschappen die van een zelfsbestaande wezen zyn, en deze behoeven geen geslagt, of iets waar door ze meer verstaan oft verklaart worden: [] zo worden zy ook door hun zelfs bekend.

[6] Prima quaestio est, an clare, & indubitanter intelligas ex sola illa definitione, quam de Deo tradis, demonstrari, tale Ens existere?.

[7] Le modifiche e gli spostamenti degli enunciati spinoziani dal 1661 alla redazione definitiva dellEthica sono valutabili mediante i confronti che abbiamo stabilito negli schemi comparativi 1,1 e 1,6 e nello schema comparativo 2, riportati qui in Appendice.

[8] G IV 44,34-45,8: Quod autem dicitis me non demonstrasse substantiam (sive ens) plura habere posse attributa: forte ad demonstrationes noluistis attendere. Duas enim adhibui, 1a quod nihil nobis evidentius quam quod unumquodque ens sub aliquo attributo a nobis concipiatur et quo plus realitatis aut esse aliquod ens habet, eo plura attributa ei sunt tribuenda unde ens absolute infinitum definiendum, etc.; 2a et quam ego palmariam judico, est quod quo plura attributa alicui enti tribuo eo magis cogor ipsi existentiam tribuere, hoc est, eo magis sub ratione veri ipsum concipio [].

[9] Si veda Giuseppa Saccaro Battisti, La dimostrazione dellesistenza di Dio dallAbbozzo del 1661 e dalla Korte Verhandeling al De Deo, in Dio, luomo, la libert, Studi sul Breve Trattato di Spinoza, a cura di Filippo Mignini, Japadre Editore, LAquila – Roma 1990, pp. 95-118. Cfr. anche Alle origini cit., II, capp. 10-11.

[10] M 8,29-9,2: Hy is, zeggen wy, Een wezen van de welke alles, ofte oneyndelyke eygenschappen gezeyd worden, van welke eygenschappen een yder des zelfs in syn geslagte oneyndelyk volmaakt is.

[11] Lo stesso inciso ricorre pi volte nelle argomentazioni dimostrative di Abraham Cohen Herrera, Puerta del cielo, di cui parleremo fra poco.

[12] M. 31,31-2: Aangaande de eigenschappen van de welke God bestaat, die zyn niet als oneyndige zelfstandigheeden, van de welke een ieder des zelfs oneindig volmaakt moet zyn.

[13] Nel citare le note del BT le numeriamo secondo la loro successione in ogni capitolo: questa numerazione non esiste nel manoscritto nederlandese, dove il rapporto tra testo e note indicato da asterischi e altre speciali forme di richiamo. Anche nelledizione critica del Mignini non data una numerazione.

[14] M 5,28-33: Uyt de beschryvinge hier na Cap. 2, van dat God oneyndige eygenschap[pen] heeft, konn[en] wy syne wezentheyd [al]dus bewyz[en:] al dat wy k[laar] en ondersch[ei]de zien tot [de] Natuur van een zaak t[e] behooren, dat konnen w[y] ook met w[aar]heid van die zaak bevestigen: maar aan de Natuur van een wezen dat oneindige eigenschappen heeft, behoort een eigenschap, de welke is Zyn. Il passo scritto in parte sullangolo basso esterno della pagina 1 del manoscritto, il cui orlo alquanto rovinato: perci Mignini nel trascriverlo ha inserito alcune integrazioni tra parentesi quadre. Anche noi le accettiamo e le riportiamo qui, tranne una di esse, che non integra una lacuna del manoscritto, bens modifica intenzionalmente il testo, perch intende correggerne un presunto errore: syne wezentheyd (la sua essenza) trasformato dal Mignini in syne wezent[lyk]heyd (la sua esistenza), cambiando cos il senso della frase, da dimostrazione dellessenza di Dio – cio di Cosa Dio come dice il titolo del cap. 2 – che ha infiniti attributi, tra i quali compresa lesistenza, in dimostrazione diretta dellesistenza divina – che invece Spinoza afferma di aver gi dato. Sul complesso rapporto tra questi due termini e quello di wezen (essere), al quale Mignini attribuisce spesso il significato di essenza, Cfr. Alle origini cit., parte II, cap. 6, pp. 83 ss., e passim.

[15] M 5,16-21.

[16] Tale nota, a mio parere e come ho cercato di dimostrare in Alle origini cit., parte II, cap. 10, 8 e 10 e nei relativi Schemi 37 e 38, formata da un passo iniziale, che poi stato prolungato con un brano che chiameremo sottonota 3, e con un terzo passo, che costituisce un ulteriore ampliamento e che chiameremo aggiunta 3 (cfr., in Appendice, lo Schema 3). I tre passi, sui quali sono state avanzate altre interpretazioni diverse dalla mia, sono chiaramente distinguibili sia nella grafia e nella composizione del manoscritto, sia nella sequenza dei passi, che scandita ad ogni capoverso da espressioni di connessione: Oltre a queste [] In aggiunta a questo [] Una volta ricostruiti nella successione che a me sembra pi conforme allo stato del manoscritto pervenutoci, essi costituiscono un discorso coerente, articolato in cinque argomentazioni; inoltre dimostrano come lautore sia pi volte ed in pi tempi intervenuto sul suo scritto, come ha fatto anche in altre occasioni, al fine di ottenere un discorso complessivo abbastanza soddisfacente.

[17] Per una esposizioni pi esauriente rinvio a  Alle origini, cit., cap. 10, 10-b, pp. 256 ss.

[18] La sottonota 3 e la sua aggiunta 3 sono state inserite pi tardi e connesse alla nota 3 con un asterisco di richiamo, costituendo perci nel complesso un progressivo  ampliamento con ulteriori argomentazioni dimostrative.

[19] Cfr. Alle origini, cit, p. 263.

[20] Nel primo caso, lautore ricorre al verbo toepassen e al participio toegepast, cio riferire-riferito, come nella pr. 1 dellAppendice I del BT, nel secondo usa verbi, generalmente in forma passiva come werd toegeschreven ( ascritto), toeigent werden (sono conferiti) (cap. I, 7; M 31,35-42) che enfatizzano maggiormente laspetto soggettivo dellassociazione che noi compiamo tra ci che ascritto o conferito, e la natura di ci a cui viene ascritto.

[21] M I, 3,36-40.