Gennaro Auletta, Foundations and interpretation of quantum mechanics. In the light of a critical-historical analysis of the problems and of the synthesis of the results, World Scientific, Singapore 2001.

 

Sistemi fisici che obbediscono a leggi diverse a seconda che siano osservati o meno; corpuscoli che passano contemporaneamente per due diverse fenditure parallele; sistemi lontanissimi che sembrano agire istantaneamente uno sull’altro; questi e altri sono gli strani fenomeni fisici a cui la meccanica quantistica ci ha abituato. Il primo è caratteristico del cosiddetto “problema della misurazione quantistica”, che deriva dal fatto che in generale uno stato quantistico può essere descritto solo in termini probabilistici e si evolve in accordo con l’equazione di Schrödinger, la quale conserva necessariamente questa sovrapposizione, mentre, quando si realizza una misura, si trova un singolo risultato determinato. L’equazione di Schrödinger perciò non può descrivere il processo di misurazione, occorre quindi chiamare in causa un qualche altro processo fisico. Il secondo fenomeno è invece dovuto al “dualismo onda-corpuscolo”, cioè al fatto che gli enti fondamentali della meccanica quantistica palesano una natura irriducibilmente anfibia fra la particella e l’onda. Così, ad esempio, degli elettroni che vengono lanciati contro una parete con due fenditure, nonché registrati su uno schermo posto dietro a tale parete, nel momento in cui vengono osservati sul secondo schermo sono delle particelle, ma danno origine a fenomeni di interferenza fra le due fenditure, come se fossero delle onde. Infine se un sistema a spin totale =0 viene separato in due sottosistemi che possono avere spin +1/2 o spin –1/2, i quali vengono portati a grande distanza l’uno dall’altro, allora, per la conservazione dello spin, se da una parte troviamo, ad esempio, -1/2, dall’altra ci deve essere necessariamente +1/2. Questo ci farebbe ipotizzare che fin da quando i due sottosistemi si sono separati il loro spin fosse già determinato; ma, in accordo con la meccanica quantistica, le cose non stanno così: solo al momento della misura lo spin si determina su un sottosistema e quindi istantaneamente anche sull’altro sottosistema. La correlazione si spiega solo con una sorta di connessione istantanea a distanza.

Questi sono i più significativi paradossi della meccanica quantistica, che hanno sfidato le menti dei fisici e dei filosofi più brillanti del Ventesimo secolo. Infatti, fin dall’avvento della nuova teoria, alla fine degli anni Venti del secolo scorso, sono state proposte decine e decine di soluzioni e interpretazioni dei problemi sollevati. Nel 1974 uscì un testo importante, M. Jammer, The philosophy of quantum mechanics, John Wiley and Sons, New York, che inquadrava storicamente i problemi e proponeva una rassegna critica delle soluzioni. Da quel testo sono passati però quasi trenta anni, che hanno cambiato profondamente il panorama degli studi. Arriva oggi il volume di Gennaro Auletta a colmare in parte questa lacuna.

Il libro si presenta come una rassegna ricca di risultati tecnici, presentati spesso con notevole dettaglio e puntualità, che spazia dai principi di complementarita e indeterminazione, alle logiche quantistiche, dal problema della misurazione alla disuguaglianza di Bell, proponendo nel contempo una interpretazione personale della vicenda. Si tratta di uno strumento utile per lo studioso di questi problemi, sia un fisico o un filosofo, corredato di apparati critici molto completi: una ampia bibliografia, indici dei nomi e analitico molto dettagliati, ogni sezione è preceduta da riassunti chiari ed esaustivi della materia in esame.

Nessuno può negare il valore del volume. In quel che segue vogliamo però criticare con un certo dettaglio l’immagine filosofica della meccanica quantistica che Auletta ci propone. Senza per questo togliere validità a questo lavoro. Dissentiamo tuttavia in parte dalle sue conclusioni teoriche.

Cominciamo con l’interpretazione del principio di indeterminazione (pp. 124-26), uno dei capisaldi della teoria. Auletta mostra con chiarezza la non validità dell’interpretazione di Heisenberg, in accordo con la quale esisterebbe una sorta di giustificazione sperimentale delle relazioni di non commutazione che derivano dalla teoria. Egli però non porta a compimento tale critica. Il principio di indeterminazione e conseguentemente l’interpretazione perturbativa, secondo cui la misurazione di un’osservabile influenza necessariamente il valore dell’osservabile coniugata, non è il punto di partenza della teoria, bensì una sua conseguenza tutt’altro che gradevole dal punto di vista epistemologico.

Inoltre secondo Auletta (p. 289) l’approccio al problema della misurazione basato sull’idea che una sorta di bagno termico provochi la decoerenza, così come proposto da Zurek, risolverebbe il problema della misurazione quantistica. Tuttavia questa impostazione è stata criticata in modo decisivo dallo stesso Bell, il quale notava che per avere un azzeramento di tutti gli elementi non diagonali occorrerebbe un tempo infinito. In altre parole, utilizzando il modello di Zurek – ma lo stesso vale per tanti altri analoghi – non si riesce veramente a spiegare la scomparsa della sovrapposizione che avviene nel caso della misura. Auletta prende in considerazione l’obiezione di Bell, e di fatto risponde nel prosieguo, quando affronta il problema del rapporto fra microrealtà e macrorealtà (pp. 426-28). L’idea è che a livello microscopico la sovrapposizione è completa, mentre mano a mano che si aumentano le dimensioni del sistema fisico la sovrapposizione diminuisce, senza mai sparire del tutto, tanto che la nostra percezione degli oggetti come determinati di fatto è illusoria. In questo punto, come in molti altri, il disegno filosofico di Auletta, basato su una sorta di inferenza alla miglior spiegazione, risulta chiaro. Al fine di presentarlo meglio, è necessario però un breve excursus sulla contrapposizione realismo/antirealismo.

I paradossi tipici della meccanica quantistica hanno trovato una risposta di stampo fortemente realistico, riconducibile in sostanza alla tesi secondo cui la meccanica quantistica sarebbe una teoria incompleta. Ad esempio, il problema della misurazione quantistica deriva dall’incompletezza della descrizione sostanzialmente probabilistica. Analogamente il dualismo onda-corpuscolo deriva dalla presenza di vere e proprie onde – non onde di probabilità, come vuole l’interpretazione ortodossa – che guidano i corpuscoli. Anche le correlazioni a distanza sarebbero la conseguenza di una descrizione incompleta dei fenomeni. Questa impostazione generale è stata smentita da tutte le parti, per cui si è imposto negli ultimi anni una sorta di agnosticismo valido, come si dice for all practical purposes (FAPP). Il problema della misurazione non è di principio, ma per risolverlo è sufficiente individuare correttamente i fenomeni fisici che governano la riduzione del pacchetto d’onda; il dualismo è un problema irrilevante, in quanto gli enti della meccanica quantistica sono definiti dalla struttura matematica della medesima; e infine le correlazioni a distanza non esistono, perché nulla sappiamo del secondo sottosistema fino a quando non abbiamo effettivamente realizzato la misura.

Auletta non abbraccia questo agnosticismo, ma cerca un’interpretazione realistica della teoria, che però non tenti di imporre un’idea preconcetta di realtà, come faceva il vecchio approccio realista, ma che deduca la realtà dalla teoria stessa, sulla base di una sorta di inferenza alla migliore spiegazione: la meccanica quantistica è la migliore spiegazione dei fenomeni fisici, quindi essa è letteralmente vera, cioè il mondo è esattamente come essa ce lo descrive. In questo quadro si colloca la tesi di Auletta secondo cui la realtà macroscopica è in parziale sovrapposizione, anche se a noi appare determinata.

Non crediamo nella validità dell’inferenza alla migliore spiegazione, che ci sembra sia stata dimostrata definitivamente un non sequitur da Laudan e van Fraassen. Ci sembra invece che il problema della misurazione resti una questione aperta della teoria, che non ha ancora trovato una soluzione soddisfacente.

In generale, Auletta segue la via di trasformare quelle che in meccanica quantistica sono delle contrapposizioni in contrarietà. Così tra microrealtà sovrapposta e macrorealtà determinata non sussiste una netta frattura. Analogamente il dualismo onda-corpuscolo è una dualità fra aspetti della realtà che convivono in proporzioni diverse nei diversi fenomeni fisici (p. 526). Infine la non-separabilità fra i sistemi è tanto meno accentuata, quanto meno interviene l’osservatore (p. 796). Questo ultimo punto merita una certa attenzione. Auletta riporta il teorema di Eberhard (p. 633) secondo cui una condizione sostanzialmente identica a quella che poi in letteratura è stata chiamata parameters independence non è violata dalla meccanica quantistica. Se questa condizione fosse violata, allora la meccanica quantistica non sarebbe Lorentz-invariante ed entrerebbe in conflitto con la relatività speciale. Seguendo questa prospettiva, riproposta da Jarrett, alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso molti filosofi hanno creduto di poter dimostrare la coesistenza pacifica di meccanica quantistica e relatività speciale, finché è arrivata la doccia fredda di Maudlin, che ha mostrato l’arbitrarietà della distinzione fra parameters independence e outcomes independence. La non località quantistica resta quindi un problema aperto della fisica moderna.

Nell’ultimo capitolo (46) Auletta tira le somme della sua lunga esposizione. La meccanica quantistica non va interpretata soggettivisticamente, ma neanche realisticamente, sovrapponendo un concetto ormai superato di realtà. La meccanica quantistica ci insegna che “l’essere è interazione” e che “conoscere è separare”.

Facciamo fatica a capire in che senso questa ontologia possa non essere soggettivistica. Se l’essere è sempre interazione, allora non abbiamo nessuna possibilità di avere davanti a noi un oggetto indipendente, e se il conoscere è separare, la costituzione degli oggetti dipende sempre da un atto soggettivo. Se questa è l’ontologia quantistica, allora essa è sostanzialmente idealistica.

Auletta insiste che le misurazioni sono anch’esse delle interazioni, che favoriscono la costituzione, almeno parziale, degli individui. Questo vuol dire che gli oggetti individuali sono il frutto dell’intervento dell’uomo (non sempre, ci sono anche dei casi di decoerenza spontanea). E’ un’ontologia difficile da accettare.

Auletta conclude con un entusiasmo un po’ eccessivo che la meccanica quantistica ci costringe ad abbandonare il nostro giardino e ci apre mondi inauditi, favorendo una rivoluzione ben più ampia di quella copernicana. Per noi, che già non abbiamo accettato del tutto l’idea copernicana e galileiana che le sensazioni sono totalmente illusorie, ci sembra di poter dire esattamente il contrario, parafrasando Husserl: la meccanica quantistica disancora ancora di più la scienza dal mondo della vita, creando un problema di senso per la scienza moderna che è ancor più grave di quello galileiano.

 

 

Vincenzo Fano